Questo è il racconto che ha scritto Federico: cosa ne pensate?
Trovarono il corpo esanime di Jacob
riverso a terra, con la luce accecante che filtrava dalla finestra a
riflettersi su testa e tronco del cadavere. La polizia avrebbe poi scritto nel
verbale che l’ espressione del suo volto era raccapricciante e che raramente
avevano visto un uomo morire con un ghigno simile. Doveva essersi spaventato
molto, pensarono.
Ma non potevano immaginare quanto.
Sebbene l’ avesse
scelta soprattutto per il prezzo contenuto, non poteva certo lamentarsi di
quella villetta. Jacob Milner scese dalla sua vecchia Ford blu appena lavata e
lucidata ( era dell’ idea che un’ auto, per quanto malandata, facesse la sua
figura una volta pulita) e si tolse gli occhiali da sole. Non era stato un
viaggio breve e aveva avuto tempo di riflettere molto sull’ acquisto; se n’ era
anche pentito, quando aveva constatato che il viaggio dalla casa al centro
abitato era quasi interminabile. Ma ora che vedeva quella villa, composta da due
piani appena ristrutturati, ampie finestre a illuminarla e un giardino fiorito
a contornare il vialetto d’ accesso,
ogni preoccupazione era svanita. C’ era anche una piccola radura attigua
all’ abitazione, e l’idea di farvi delle passeggiate lo allietava. Avanzò di
qualche passo, calpestando la ghiaia, ed aprì la porta. Aveva pensato per
chissà quale motivo che avrebbe cigolato, ma non fu così. Premette l’
interruttore e si sedette su una sedia ( il trasloco era già stato ultimato
mentre lui attendeva di insediarsi lì definitivamente ). La casa era
strutturata in questo modo : al primo piano si aveva una grande sala appena a
destra dell’ ingresso, con il tavolo antico in legno dove Jacob sedeva ora e un
divano da cui vedere la tv postagli di fronte. Sulla sinistra c’ era invece il
bagno con un lavandino in marmo, una doccia moderna e il gabinetto, con annessa
la cucina . Se invece si procedeva senza svoltare dall’ ingresso, si
raggiungevano le scale che portavano al secondo piano. Lì c’era un corridoio
con qualche quadro astratto appeso alle pareti a vivacizzarne l’ anonimo
bianco; conduceva alle camere da letto, quella di Jacob sulla destra e quella
degli ospiti sul lato opposto. Alzatosi, il neoinquilino bevve un sorso d’
acqua guardando fuori dalla finestra della sala ( la più grande). Nel farlo,
notò che il cielo precedentemente azzurro stava lentamente scurendo ed ebbe un
brutto presentimento ; non c’ era una motivazione precisa, ma l’ oscurità che
avanzava lo aveva sorpreso. Scostò lo sguardo e posò il bicchiere. Non aveva
fame e si sdraiò sul divano per guardare la televisione : fece zapping tra il
telegiornale, una partita di calcio e una gara di barzellette. Niente gli fece
tuttavia passare quella sensazione sgradevole provata precedentemente, ed
essendo stanco per il viaggio si mise a letto, per addormentarsi a breve anche
se erano solo le 9.
Jacob non
era fidanzato, ma era single da poco. Aveva infatti lasciato Rachel il mese scorso.
Avevano frequentato insieme il college e sembravano destinati a sposarsi , ma poi
le cose erano andate storte tra loro per la serietà di lui che era
incompatibile con l’ essere infantile di lei. E quindi si era ritrovato a
tornare a casa dei suoi ( l’ incubo di suo padre, il sogno di sua madre). Aveva lavorato come cameriere per qualche
tempo, poi aveva consegnato pizze a domicilio fino al giorno in cui aveva
trovato un lavoro migliore : (non so cosa scrivere) .Aveva quindi accumulato in
breve una quantità di denaro che, unita al consistente e fondamentale aiuto dei
genitori, gli aveva permesso di acquistare una casa. Stava pensando a questo
quando all’ alba si alzò e scese a bere un bicchiere d’ acqua. Tornato alla
camera, stava per riaddormentarsi quando lo svegliò un rumore. No, non un
rumore. Un grido.
Si alzò di
soprassalto e si infilò una maglietta e dei jeans, poi percorse il corridoio e
diede un’ occhiata in giro, tendendo le orecchie : non vide né sentì niente di
anomalo. Scese quindi le scale velocemente e socchiuse la porta ( per la
stanchezza non l’ aveva chiusa a chiave la sera prima) : si dovette coprire con
la mano gli occhi per un attimo per la forte luce. Dopo averla riabbassata vide
che non c’era nessuno. Chi era entrato di soppiatto in casa sua, senza
apparente motivo ? Rientrò dando un ultima occhiata al vialetto e al giardino
silenziosi e deserti. Tornando in camera da letto con l’ idea di dormire ancora
un po’, giunto al corridoio vide che in
effetti c’era qualcosa che non
andava. Il quadro più vicino alle scale era stato squarciato di netto, con
quello che doveva essere un coltello molto affilato e lungo. Era sicuro che l’
opera non fosse in quelle condizioni la sera prima ed era intatto, a ben
pensarci, anche quando si era abbeverato qualche attimo prima; il suo sguardo
si era casualmente incrociato con esso mentre camminava. Jacob non sapeva
veramente che fare, in quella situazione; nessuno viveva lì intorno e l’ unica
abitazione possibile era un qualche tipo di casupola nel bosco attiguo alla
villa. Iniziò quindi a ripercorrere i propri passi, come se quella sua ultima
ipotesi lo avesse illuminato. Entrò nella sua camera da letto e,raggiunta la
finestra, scostò la tenda e vide che una baracca in legno era situata proprio
nella radura a destra della villetta. Il proprietario doveva essere l’ uomo che
si era introdotto in casa sua, ma come saperlo con certezza se non facendogli
visita ?
Pensò a
lungo ai rischi che correva nell’ avvicinarsi incautamente al bosco, e si
risolse a portare con sé una pistola (calibro 38, con regolare porto d’armi che
aveva richiesto dopo una rapina nel condominio dei genitori, su pressione
insistente del padre ). Non aveva mai avuto necessità di usarla e non aveva
intenzione di farlo, se non provocato. La sua idea era che la violenza
generasse altra violenza, creando un vortice imperituro di morte e sofferenza.
E la bilancia della giustizia ne veniva travolta, i suoi piatti fluttuavano
sospinti dal vento. Tuttavia sentiva di trovarsi potenzialmente in pericolo e
per autodifesa avrebbe mostrato l’ arma all’ aggressore sperando di intimorirlo.
Si incamminò appena dopo pranzo, e raggiunse i grandi alberi del bosco in poco
tempo. La luce era ancora forte, come il giorno precedente ( ricordò l’ arrivo
alla villa, la porta che non aveva scricchiolato … e l’ urlo ), e lo colpiva
saltuariamente facendosi strada a fatica tra le fronde. La casupola che aveva
scorto si trovava a qualche passo dall’ ingresso e dovette riflettere, pur non
volendolo, su quanto fosse facile avvicinarsi a casa sua da quella zona e
fuggire senza problema. Con un buon cannocchiale si poteva persino spiare chi vivesse nella casa.
Rabbrividì, tastò la pistola che nascondeva sotto la maglia come per trarne una
rassicurazione e avanzò a passo incerto.
Chi gli aprì
la porta in legno non aveva affatto un aspetto minaccioso; sembrava piuttosto sospettoso.Jacob
si presentò nel modo più calmo possibile, dicendo che quella casupola lo aveva
incuriosito mentre passeggiava e che aveva voluto conoscerne il proprietario.
Quello lo osservò, penetrando con lo sguardo fin quasi a vederne le viscere. –
Io sono Gerard Miller, piacere di conoscerla – si limitò a bisbigliare con la
diffidenza che Jacob aveva già notato poco prima. – E’ proprio fortunato a
vivere in quella casa. Basso prezzo, posizione particolare, ma affascinante
abbastanza da acquistarla. Lei vive lì solo ? – Aveva posto la domanda con
finta curiosità, ma Jacob non si era accorto e lo credette interessato. Sì, ho
racimolato qualche soldo e ho traslocato. Mia madre non si è certo disperata,
però. – La battuta venne accolta da un freddo sorriso. Jacob non capiva proprio
cosa ci fosse nella testa dell’ interlocutore. – Sa per caso se qualcun altro vive nei
dintorni ? – azzardò senza esitare. – Non credo. Anzi, ne sono sicuro -. Jacob
fu ancora una volta spiazzato dall’ individuo. Se fosse veramente stato lui ad
infiltrarsi in casa, non avrebbe affermato di essere l’ unico a vivere lì,
sarebbe stato come autoaccusarsi. O era solo una tattica per confonderlo ? – Se
lei è l’ unico a vivere qui, saprà qualcosa dell’ irruzione fatta a casa mia e
dei danni a una mia opera. – Sentiva di aver sbagliato ad insinuare quelle
cose, di essersi spinto oltre la curiosità del tipico vicino per approdare alla
diffidenza di chi crede di avere di fronte un colpevole. Gerard lo notò e
sorrise senza rispondere. – Immagino che per lei sarebbe molto meglio che la
soluzione fosse questa. Estrarrebbe la sua pistola, mirerebbe a me senza il
coraggio di spararmi e minaccerebbe di chiamare la polizia. Ma purtroppo io non
sono mai entrato lì, e non può provare il contrario. Le consiglio di non
saltare a conclusioni affrettate. Attenda un’ altra sera. Vedrà. – Jacob non
poteva più sopportare quella arroganza e non poteva nemmeno aggredire l’ altro.
– Ha ragione, sto per chiamare la polizia. Ma non mi importa se lei lo aveva
intuito, lo farò comunque e lei sarà l’ unico imputabile … - fu interrotto
bruscamente – Il dipinto potrebbe essersi danneggiato in una caduta, lei
potrebbe averlo distrutto volontariamente … non faccia l’ ingenuo. E’ troppo
presto per accusarmi. Torni a casa e riposi. – Jacob stava per fare esattamente
così, l’ uomo sembrava proprio averlo in pugno. Ma prima di ritornare chiese –
Mi dica un’ultima cosa. Perché lei vive qui ?- . Ancora una volta Gerard non si
fece prendere alla sprovvista. Era calmo e pacato, imperturbabile. – Vivo qui
da sempre, come mio padre, mancato da poco. Non ho denaro. Ma amo questo posto.
–
Era notte
inoltrata e Jacob stava osservando da qualche minuto la casupola nel bosco,
attraverso la finestra della sua stanza. Forse l’ uomo incontrato era solo un
pazzo, e poi il quadro non era dei suoi preferiti. Questo pensiero lo
rassicurò, ma non del tutto. Gli vagavano in testa le parole di Gerard (Attenda un’ altra sera. Vedrà.) : cosa
sarebbe successo, e soprattutto come avrebbe dimostrato che l’ autore dell’
ipotetica malefatta era proprio quella persona ? D’ altronde Gerard si era
dimostrato abile nello sgusciare via dalle accuse e avrebbe potuto fare
altrettanto in seguito. La sera di cui aveva parlato era già in corso, e Jacob
non aveva intenzione di addormentarsi. Avrebbe atteso e lo avrebbe colto con le
mani nel sacco. Allora sì che Gerard si sarebbe spaventato. Eccome.
Jacob faceva
fatica a stare sveglio, come intrappolato in una tela tessuta in modo subdolo
dal ragno del sonno. Qualche rumore soffocato lo aveva svegliato durante la
notte, ma nessuno era entrato in casa. La calibro 38 era rimasta per tutta la
giornata dov’era, nascosta sotto la maglietta. Non era comodo nel tenerla lì a
lungo, ma essa gli dava sicurezza. Grazie papi, pensò. E sorrise. Era un
sorriso amaro.
Gerard uscì
dalla sua casupola disarmato. Era sicuro che Gerard non avrebbe avuto il
coraggio di sparargli, nemmeno con una pistola giocattolo; solo il vedere un
aggressore armato avrebbe potuto spingerlo a premere il grilletto. Avanzò con
cautela, soprattutto quando notò le luci accese nella villetta. Qualcuno non
riusciva a prendere sonno.
Il ragno e
la sua tela erano svaniti appena aveva sentito il vetro della finestra della
sala andare in frantumi. La pistola uscì dal suo nascondiglio e Jacob la
impugnò con la mano destra, tendendo il braccio e mirando di fronte a lui. Si
sentiva ridicolo e sporco, oltre che spaventato. Gerard era invece disarmato,
ma molto più tranquillo e deciso nell’ agire; non aveva timore di morire :
infatti quella notte sarebbe tutto finito. Jacob avrebbe visto.
Percorse il
corridoio impugnando l’ arma e fu quando passò davanti al quadro rovinato che
ebbe una spiacevole intuizione. Considerando il tempo per scendere le scale e
per scappare senza essere visto né sentito, era impossibile che qualcuno fosse
entrato così velocemente senza essere sentito né visto. – Non sono armato. Non
voglio farti del male, ma devo salire- la voce di Gerald interruppe il corso
dei suoi pensieri. Doveva essere entrato dalla finestra, perché questa volta si
era assicurato di serrare la porta. – Va via, lasciami in pace. Non voglio
passare le mie serate in bianco a causa tua. – Jacob procedeva sempre più
lentamente, Gerald sempre più velocemente. Sentivano i rispettivi respiri,
quello affannoso del proprietario di casa e quello controllato e regolare dell’
altro uomo. L’ unico altro suono veniva prodotto dai loro passi.
Per il
resto, il silenzio avvolgeva mestamente la notte. La stringeva molto forte, quasi
da soffocarla.
-Tesoro,
sono qui ! – disse Gerard. Jacob continuava a non capirlo. – Sono a casa,
amore. Possiamo tornare a vivere insieme, ma … lui non vuole. - Un rumore secco ed improvviso fece sussultare
Jacob. Non poteva vedere il tavolo della cucina che veniva spezzato, come da
un’ ascia, franando al suolo.
- Fallo
andare via, amore ! –
I quadri caddero contemporaneamente
al suolo. La porta d’ingresso si aprì e sbatté. La finestra della sua camera da
letto andò in frantumi, e lo stesso destino toccò alle altre finestre di casa.
Jacob lasciò
cadere la pistola, guardandosi intorno incredulo e urlando di terrore.
-Questa era
la mia casa, carissimo ! Non ho sempre vissuto nel bosco, ovviamente. Mia
moglie è morta qui, e la sua stanza era proprio dove ora c’è la tua. –
La furia sembrò placarsi, ma ben
presto riprese a fare danni : la televisione cadde frontalmente distruggendosi,
il lavandino del bagno si aprì schizzando acqua ovunque. Il corrimano iniziò a
vibrare.
-I vecchi
proprietari piacevano a mia moglie e quindi non li abbiamo cacciati subito, ma
avremmo dovuto farlo se non avessero traslocato così in fretta di propria
iniziativa. Oggi, come ti aveva preannunciato, hai visto. Ma ora devi andartene
da qui -. Pronunciò quelle ultime parole con una freddezza incredibile.
Una voce femminile, rotta dal dolore,
parlò con voce innaturale. Anzi, sovrannaturale
-Sei
proprio tu, Gerald? Il mio Gerald? -
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