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lunedì 29 luglio 2013

Racconto di Federico

Questo è il racconto che ha scritto Federico: cosa ne pensate?

Trovarono il corpo esanime di Jacob riverso a terra, con la luce accecante che filtrava dalla finestra a riflettersi su testa e tronco del cadavere. La polizia avrebbe poi scritto nel verbale che l’ espressione del suo volto era raccapricciante e che raramente avevano visto un uomo morire con un ghigno simile. Doveva essersi spaventato molto, pensarono.
Ma non potevano immaginare quanto.

Sebbene l’ avesse scelta soprattutto per il prezzo contenuto, non poteva certo lamentarsi di quella villetta. Jacob Milner scese dalla sua vecchia Ford blu appena lavata e lucidata ( era dell’ idea che un’ auto, per quanto malandata, facesse la sua figura una volta pulita) e si tolse gli occhiali da sole. Non era stato un viaggio breve e aveva avuto tempo di riflettere molto sull’ acquisto; se n’ era anche pentito, quando aveva constatato che il viaggio dalla casa al centro abitato era quasi interminabile. Ma ora che vedeva quella villa, composta da due piani appena ristrutturati, ampie finestre a illuminarla e un giardino fiorito a contornare il vialetto d’ accesso,  ogni preoccupazione era svanita. C’ era anche una piccola radura attigua all’ abitazione, e l’idea di farvi delle passeggiate lo allietava. Avanzò di qualche passo, calpestando la ghiaia, ed aprì la porta. Aveva pensato per chissà quale motivo che avrebbe cigolato, ma non fu così. Premette l’ interruttore e si sedette su una sedia ( il trasloco era già stato ultimato mentre lui attendeva di insediarsi lì definitivamente ). La casa era strutturata in questo modo : al primo piano si aveva una grande sala appena a destra dell’ ingresso, con il tavolo antico in legno dove Jacob sedeva ora e un divano da cui vedere la tv postagli di fronte. Sulla sinistra c’ era invece il bagno con un lavandino in marmo, una doccia moderna e il gabinetto, con annessa la cucina . Se invece si procedeva senza svoltare dall’ ingresso, si raggiungevano le scale che portavano al secondo piano. Lì c’era un corridoio con qualche quadro astratto appeso alle pareti a vivacizzarne l’ anonimo bianco; conduceva alle camere da letto, quella di Jacob sulla destra e quella degli ospiti sul lato opposto. Alzatosi, il neoinquilino bevve un sorso d’ acqua guardando fuori dalla finestra della sala ( la più grande). Nel farlo, notò che il cielo precedentemente azzurro stava lentamente scurendo ed ebbe un brutto presentimento ; non c’ era una motivazione precisa, ma l’ oscurità che avanzava lo aveva sorpreso. Scostò lo sguardo e posò il bicchiere. Non aveva fame e si sdraiò sul divano per guardare la televisione : fece zapping tra il telegiornale, una partita di calcio e una gara di barzellette. Niente gli fece tuttavia passare quella sensazione sgradevole provata precedentemente, ed essendo stanco per il viaggio si mise a letto, per addormentarsi a breve anche se erano solo le 9.
Jacob non era fidanzato, ma era single da poco. Aveva  infatti lasciato Rachel il mese scorso. Avevano frequentato insieme il college e sembravano destinati a sposarsi , ma poi le cose erano andate storte tra loro per la serietà di lui che era incompatibile con l’ essere infantile di lei. E quindi si era ritrovato a tornare a casa dei suoi ( l’ incubo di suo padre, il sogno di sua madre).  Aveva lavorato come cameriere per qualche tempo, poi aveva consegnato pizze a domicilio fino al giorno in cui aveva trovato un lavoro migliore : (non so cosa scrivere) .Aveva quindi accumulato in breve una quantità di denaro che, unita al consistente e fondamentale aiuto dei genitori, gli aveva permesso di acquistare una casa. Stava pensando a questo quando all’ alba si alzò e scese a bere un bicchiere d’ acqua. Tornato alla camera, stava per riaddormentarsi quando lo svegliò un rumore. No, non un rumore. Un grido.

Si alzò di soprassalto e si infilò una maglietta e dei jeans, poi percorse il corridoio e diede un’ occhiata in giro, tendendo le orecchie : non vide né sentì niente di anomalo. Scese quindi le scale velocemente e socchiuse la porta ( per la stanchezza non l’ aveva chiusa a chiave la sera prima) : si dovette coprire con la mano gli occhi per un attimo per la forte luce. Dopo averla riabbassata vide che non c’era nessuno. Chi era entrato di soppiatto in casa sua, senza apparente motivo ? Rientrò dando un ultima occhiata al vialetto e al giardino silenziosi e deserti. Tornando in camera da letto con l’ idea di dormire ancora un po’,  giunto al corridoio vide che in effetti c’era qualcosa che non andava. Il quadro più vicino alle scale era stato squarciato di netto, con quello che doveva essere un coltello molto affilato e lungo. Era sicuro che l’ opera non fosse in quelle condizioni la sera prima ed era intatto, a ben pensarci, anche quando si era abbeverato qualche attimo prima; il suo sguardo si era casualmente incrociato con esso mentre camminava. Jacob non sapeva veramente che fare, in quella situazione; nessuno viveva lì intorno e l’ unica abitazione possibile era un qualche tipo di casupola nel bosco attiguo alla villa. Iniziò quindi a ripercorrere i propri passi, come se quella sua ultima ipotesi lo avesse illuminato. Entrò nella sua camera da letto e,raggiunta la finestra, scostò la tenda e vide che una baracca in legno era situata proprio nella radura a destra della villetta. Il proprietario doveva essere l’ uomo che si era introdotto in casa sua, ma come saperlo con certezza se non facendogli visita ?

Pensò a lungo ai rischi che correva nell’ avvicinarsi incautamente al bosco, e si risolse a portare con sé una pistola (calibro 38, con regolare porto d’armi che aveva richiesto dopo una rapina nel condominio dei genitori, su pressione insistente del padre ). Non aveva mai avuto necessità di usarla e non aveva intenzione di farlo, se non provocato. La sua idea era che la violenza generasse altra violenza, creando un vortice imperituro di morte e sofferenza. E la bilancia della giustizia ne veniva travolta, i suoi piatti fluttuavano sospinti dal vento. Tuttavia sentiva di trovarsi potenzialmente in pericolo e per autodifesa avrebbe mostrato l’ arma all’ aggressore sperando di intimorirlo. Si incamminò appena dopo pranzo, e raggiunse i grandi alberi del bosco in poco tempo. La luce era ancora forte, come il giorno precedente ( ricordò l’ arrivo alla villa, la porta che non aveva scricchiolato … e l’ urlo ), e lo colpiva saltuariamente facendosi strada a fatica tra le fronde. La casupola che aveva scorto si trovava a qualche passo dall’ ingresso e dovette riflettere, pur non volendolo, su quanto fosse facile avvicinarsi a casa sua da quella zona e fuggire senza problema. Con un buon cannocchiale si poteva persino spiare chi vivesse nella casa. Rabbrividì, tastò la pistola che nascondeva sotto la maglia come per trarne una rassicurazione e avanzò a passo incerto.
Chi gli aprì la porta in legno non aveva affatto un aspetto minaccioso; sembrava piuttosto sospettoso.Jacob si presentò nel modo più calmo possibile, dicendo che quella casupola lo aveva incuriosito mentre passeggiava e che aveva voluto conoscerne il proprietario. Quello lo osservò, penetrando con lo sguardo fin quasi a vederne le viscere. – Io sono Gerard Miller, piacere di conoscerla – si limitò a bisbigliare con la diffidenza che Jacob aveva già notato poco prima. – E’ proprio fortunato a vivere in quella casa. Basso prezzo, posizione particolare, ma affascinante abbastanza da acquistarla. Lei vive lì solo ? – Aveva posto la domanda con finta curiosità, ma Jacob non si era accorto e lo credette interessato. Sì, ho racimolato qualche soldo e ho traslocato. Mia madre non si è certo disperata, però. – La battuta venne accolta da un freddo sorriso. Jacob non capiva proprio cosa ci fosse nella testa dell’ interlocutore.  – Sa per caso se qualcun altro vive nei dintorni ? – azzardò senza esitare. – Non credo. Anzi, ne sono sicuro -. Jacob fu ancora una volta spiazzato dall’ individuo. Se fosse veramente stato lui ad infiltrarsi in casa, non avrebbe affermato di essere l’ unico a vivere lì, sarebbe stato come autoaccusarsi. O era solo una tattica per confonderlo ? – Se lei è l’ unico a vivere qui, saprà qualcosa dell’ irruzione fatta a casa mia e dei danni a una mia opera. – Sentiva di aver sbagliato ad insinuare quelle cose, di essersi spinto oltre la curiosità del tipico vicino per approdare alla diffidenza di chi crede di avere di fronte un colpevole. Gerard lo notò e sorrise senza rispondere. – Immagino che per lei sarebbe molto meglio che la soluzione fosse questa. Estrarrebbe la sua pistola, mirerebbe a me senza il coraggio di spararmi e minaccerebbe di chiamare la polizia. Ma purtroppo io non sono mai entrato lì, e non può provare il contrario. Le consiglio di non saltare a conclusioni affrettate. Attenda un’ altra sera. Vedrà. – Jacob non poteva più sopportare quella arroganza e non poteva nemmeno aggredire l’ altro. – Ha ragione, sto per chiamare la polizia. Ma non mi importa se lei lo aveva intuito, lo farò comunque e lei sarà l’ unico imputabile … - fu interrotto bruscamente – Il dipinto potrebbe essersi danneggiato in una caduta, lei potrebbe averlo distrutto volontariamente … non faccia l’ ingenuo. E’ troppo presto per accusarmi. Torni a casa e riposi. – Jacob stava per fare esattamente così, l’ uomo sembrava proprio averlo in pugno. Ma prima di ritornare chiese – Mi dica un’ultima cosa. Perché lei vive qui ?- . Ancora una volta Gerard non si fece prendere alla sprovvista. Era calmo e pacato, imperturbabile. – Vivo qui da sempre, come mio padre, mancato da poco. Non ho denaro. Ma amo questo posto. –

Era notte inoltrata e Jacob stava osservando da qualche minuto la casupola nel bosco, attraverso la finestra della sua stanza. Forse l’ uomo incontrato era solo un pazzo, e poi il quadro non era dei suoi preferiti. Questo pensiero lo rassicurò, ma non del tutto. Gli vagavano in testa le parole di Gerard (Attenda un’ altra sera. Vedrà.) : cosa sarebbe successo, e soprattutto come avrebbe dimostrato che l’ autore dell’ ipotetica malefatta era proprio quella persona ? D’ altronde Gerard si era dimostrato abile nello sgusciare via dalle accuse e avrebbe potuto fare altrettanto in seguito. La sera di cui aveva parlato era già in corso, e Jacob non aveva intenzione di addormentarsi. Avrebbe atteso e lo avrebbe colto con le mani nel sacco. Allora sì che Gerard si sarebbe spaventato. Eccome.
Jacob faceva fatica a stare sveglio, come intrappolato in una tela tessuta in modo subdolo dal ragno del sonno. Qualche rumore soffocato lo aveva svegliato durante la notte, ma nessuno era entrato in casa. La calibro 38 era rimasta per tutta la giornata dov’era, nascosta sotto la maglietta. Non era comodo nel tenerla lì a lungo, ma essa gli dava sicurezza. Grazie papi, pensò. E sorrise. Era un sorriso amaro.
Gerard uscì dalla sua casupola disarmato. Era sicuro che Gerard non avrebbe avuto il coraggio di sparargli, nemmeno con una pistola giocattolo; solo il vedere un aggressore armato avrebbe potuto spingerlo a premere il grilletto. Avanzò con cautela, soprattutto quando notò le luci accese nella villetta. Qualcuno non riusciva a prendere sonno.
Il ragno e la sua tela erano svaniti appena aveva sentito il vetro della finestra della sala andare in frantumi. La pistola uscì dal suo nascondiglio e Jacob la impugnò con la mano destra, tendendo il braccio e mirando di fronte a lui. Si sentiva ridicolo e sporco, oltre che spaventato. Gerard era invece disarmato, ma molto più tranquillo e deciso nell’ agire; non aveva timore di morire : infatti quella notte sarebbe tutto finito. Jacob avrebbe visto.
Percorse il corridoio impugnando l’ arma e fu quando passò davanti al quadro rovinato che ebbe una spiacevole intuizione. Considerando il tempo per scendere le scale e per scappare senza essere visto né sentito, era impossibile che qualcuno fosse entrato così velocemente senza essere sentito né visto. – Non sono armato. Non voglio farti del male, ma devo salire- la voce di Gerald interruppe il corso dei suoi pensieri. Doveva essere entrato dalla finestra, perché questa volta si era assicurato di serrare la porta. – Va via, lasciami in pace. Non voglio passare le mie serate in bianco a causa tua. – Jacob procedeva sempre più lentamente, Gerald sempre più velocemente. Sentivano i rispettivi respiri, quello affannoso del proprietario di casa e quello controllato e regolare dell’ altro uomo. L’ unico altro suono veniva prodotto dai loro passi.
Per il resto, il silenzio avvolgeva mestamente la notte. La stringeva molto forte, quasi da soffocarla.
-Tesoro, sono qui ! – disse Gerard. Jacob continuava a non capirlo. – Sono a casa, amore. Possiamo tornare a vivere insieme, ma … lui non vuole. - Un rumore secco ed improvviso fece sussultare Jacob. Non poteva vedere il tavolo della cucina che veniva spezzato, come da un’ ascia, franando al suolo.
- Fallo andare via, amore ! –
I quadri caddero contemporaneamente al suolo. La porta d’ingresso si aprì e sbatté. La finestra della sua camera da letto andò in frantumi, e lo stesso destino toccò alle altre finestre di casa.
Jacob lasciò cadere la pistola, guardandosi intorno incredulo e urlando di terrore.
-Questa era la mia casa, carissimo ! Non ho sempre vissuto nel bosco, ovviamente. Mia moglie è morta qui, e la sua stanza era proprio dove ora c’è la tua. –
La furia sembrò placarsi, ma ben presto riprese a fare danni : la televisione cadde frontalmente distruggendosi, il lavandino del bagno si aprì schizzando acqua ovunque. Il corrimano iniziò a vibrare.
-I vecchi proprietari piacevano a mia moglie e quindi non li abbiamo cacciati subito, ma avremmo dovuto farlo se non avessero traslocato così in fretta di propria iniziativa. Oggi, come ti aveva preannunciato, hai visto.  Ma ora devi andartene da qui -. Pronunciò quelle ultime parole con una freddezza incredibile.
Una voce femminile, rotta dal dolore, parlò con voce innaturale. Anzi, sovrannaturale
                                     

                                           -Sei proprio tu, Gerald? Il mio Gerald? -

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